Le struggenti missive di un ufficiale italiano catturato dagli inglesi in Somalia , scritte dal campo di prigionia nell’ India britannica , sono alla base del racconto di un trekking straordinario nel semi inesplorato Ladakh, una «cavalcata selvaggia» di 550 chilometri ad alta quota dai 4.000 ai 6.000 metri, attraverso picchi e ghiacciai su cui avanzare con piccozze fatte con la latta fusa delle scatolette per alimenti.
È un’ascesa senza mappe («errammo per alcune ore su un vasto pianoro, finchè trovammo dei pastori che ci indicarono la via»), su su fino al Tso Morirì, il lago dei Cigno Nero, e poi la discesa a valle dormendo all’aperto a meno quindici («scavammo una grande buca nella neve, quel giorno mangiammo solo qualche cucchiaio di zucchero e qualche galletta»).
Gualtiero Benardelli e i due compagni di avventura Luciano Davanzo e Giovanni Battista Mazzolini, bruciano pezzi di carta negli scarponi congelati per ammorbidirli un po’. Camminando per 50 chilometri sotto la neve giungono a Manali e da lì con la corriera rientrano al campo base, che è poi il campo di prigionia.
E’ difficile rendere la passione di questi taccuini di viaggio a puntate, lettere per forza brevi (un lato del foglìo serviva da busta, l’altro per il testo) che Mainardo Benardelli – figlio di Gualtiero e diplomatico diplomatico in servizio a Bagdad negli ultimi due anni – ha raccolto in un volume (edito nella collana “In punta di Vibrarm” che si apre con i lampi di Mario Rigoni Stern «andar fuori dai reticolati, camminare per territori sconosciuti è ritrovare una libertà, che mai. più uscirà dalla memoria») e si chiude con un saggio di Virgilio Ilari, studioso di istituzioni militari, che ripercorre la storia di quelle migliaia di soldati italiani che per quasi sei anni rimasero prigionieri degli inglesi ai piedi dell’Himalaya, in India, a 20 chilometri da Dharamsala dove oggi risiede il Dalai Lama.
L’epistolario dell’alpino Benardelli – che dopo il ritorno in Italia presterà servizio prima in Africa e poi, come ambasciatore, in Yemen e Honduras – arricchisce la memorialistica sull`epopea di Yol. E la illumina con le osservazioni di un uomo d’azione capace di cogliere la poesia medicinale del viaggio, soffermandosi sui «resti enormi e interessantissimi di valanghe» o sul «commovente ardire di due upupe nel portare il cibo ai loro piccoli, in nidi sotto la veranda ove eravamo seduti».
• Autore: Mainardo Benardelli
• Editrice: arterigere
• Collana: in punta di vibram
• Anno: 2007
• Prefazione: Mario Rigoni Stern
• Pagine: 244
• Tipologia: narrativa
• Lingua: it
• Categoria: montagna
• Area geografica: Himalaya (asia / Tibet (Cina)