Pubblichiamo con grande piacere il racconto breve di Marco Pedron , che ha vinto il 1° Premio Gulliver \ Scuola del Viaggio, nell’ ambito del Laboratorio di scrittura di viaggio organizzato dalla nostra libreria pressoVilla La Valverde – Verona nei week ends del 21‐22 aprile / 5‐6 maggio 2012. Ci piace sottolineare che il racconto è stato scritto da Marco in un’ ora , senza alcuna preparazione , nell’ ambito dell’ ultima giornata del laboratorio . E’ stato votato pressoche’ unanimamente dagli altri partecipanti , ed è stato premiato da Andrea Bocconi ed Eddy Cattaneo .
Passi Lungo il baricentro
Baricentro, baricentri, fisica, geometria, ricordi di studi, difficile trovarlo, rette che si incrociano e invece sfuggono caparbiamente parallele.
Baricentro, Bari, mai vista Bari, solo atterrato un paio di volte.
Passano gli anni e i baricentri si spostano, sono diventato più indulgente con i miei fallimenti, l’età mi è diventata ruffiana così mi rivendo i vuoti per pieni guardati da un altro punto di vista.
Cercavo i colori, ora mi faccio piacere il bianco e il nero e chiedo conferma che in effetti è molto elegante.
Ma ancora m’incazzo se insistono sulla luminosità dei gialli e il calore dei verdi e la gioiosità dei rossi e arancio.
Ho spostato i miei baricentri e ci vivo bene.
Nei bar ci sto bene e non è necessario siano quelli del centro: troppo happy anche quando hai le balle girate, e ti obbligano a fare le cose in inglese.
Non mi conforta il dj set col finger food, meglio mangiare
con le mani e la musica nei bar mi irrita anche quando sono allegro.
Amo il bar come centro, ma di aggregazione di gente, una specie di facebook dei volti, e se sono di periferia meglio, i bar.
Amo portare la casa al bar, farci tante delle cose che gli altri fanno in casa. Ci mangio, ci bevo, leggo, ascolto, mi levo le scarpe, in un bar del centro non me lo permetterebbero mai.
E poi ci incrocio gente. Si, la incrocio, come per trovare un momentaneo baricentro, ma poi mi piace che l’altro o l’altra proseguano, e io proseguo e ci allontaniamo, restando però lì ad osservarci.
Mi piace incontrare persone ma preferisco osservarle che parlarci.
Mi siedo da Maria, dietro Piazza Caricamento, Via Testadoro 14, due passi
da Piazza De Ferrari.
Lei è al bancone, incastrato sotto una rampa di scale.
Stappa di continuo e i tappi corona si accumulano da un lato.
Mi vien voglia di alzarmi e metterli in ordine: qui le acque minerali, là le
aranciate e in un gruppo a parte quelli rari di chinotto.
Di sicuro me ne chiederebbe la ragione.
Una bella mossa.
Invece la guardo, ci guardiamo.
Prende le comande, stappa, abbaia alla cucina uno spaghetto al pesto.
Quando esce dal bancone schiaccia il sedere nello stretto passaggio.
Fantastico con la mente, ma zitto.
Incrociamo gli sguardi ma sono in svantaggio: io osservo, lei fa un sopralluogo del locale che lungo il tragitto a colpi m’incrocia.
Sono venuto anche ieri, e il giorno prima, so che tornerò.
Incrociamo occhiate che cercano baricentri.
Mai una parola.
L’avevo detto che preferisco osservare.
Marco Pedron